“La mafia uccide! Il silenzio pure!”
Vogliamo cominciare così, dalle parole di Peppino Impastato.
Il silenzio è proiettili sparati contro i corpi inermi dei morti ammazzati, è indifferenza proiettata sugli affetti colpiti nella loro sacralità. Il silenzio, ancor più, è ingiuria perpetrata ai danni della nostra dignità di uomini.
La mafia non si cura della vendetta, anzi questa è una delle basi su cui perpetua il suo potere. Un paio di morti di qua, poi due di là: potrà cambiare la geografia politica del potere, ma il suo nome rimarrà uguale. MAFIA!
Ecco, allora, che non abbiamo bisogno di eroi, come sottolineato dalla signora Tilde Montinaro, sorella del caposcorta di Giovanni Falcone Antonio, quando ci ha incontrato ad Alessano. Abbiamo bisogno di uomini consapevoli del proprio dovere, al punto di affermarlo fino all’estremo sacrificio.
Potremmo, oggi, fare l’appello degli uomini (e donne) che sacrificarono la vita a Capaci, ma ci sembrerebbe di fare un torto alle tante altre, spezzate al solo scopo di poter perseguire interessi personali illeciti.
Ci piace, invece, richiamare la nostra e la vostra attenzione sull’importanza di rompere il silenzio, perché da sempre e per tutto il silenzio è ombra che ammanta e copre ciò che non è trasparente.
La mafia ha paura che il silenzio venga rotto, perché lo sanno anche loro che un coro di voci che diventano una fa più rumore di 1000 kg di tritolo piazzati ai bordi di un’autostrada.
La mafia non ha paura degli eroi, ma degli uomini che conoscono il proprio dovere e lo svolgono fino in fondo.
Quei lenzuoli bianchi alle finestre, le nostre finestre, non sono un ultimo degradante segno di resa, ma la testimonianza che non vogliamo arrenderci, che vogliamo continuare ad essere uomini.
Per chiudere con le parole di Arrigo Petacco. sono la testimonianza che “Bisogna portare ai vivi che sono morti il fuoco dei morti che sono vivi!”